mercoledì, novembre 15, 2006

L'intervista

Corriere del Trentino, mercoledì 15 novembre

CIVICA, PROVE DI DIALOGO TRA ZENI E IL COORDINATORE
L’EX SFIDANTE: PRONTO AD AVVIARE LA SCUOLA DI PARTITO

TRENTO – Luca Zeni giudica positivamente l’intervento di Giorgio Lunelli apparso sul Corriere del Trentino di martedì e formula una prima concreta proposta: "Se il partito lo volesse, mi rendo disponibile a gestire la futura Scuola di formazione della Civica, un istituto di cui da più parti si è indicata l’assoluta necessità". Quanto alle voci circolate circa la volontà del presidente di dare vita ad una sua lista, Zeni è chiaro: "Le liste personali mi hanno sempre lasciato particolarmente perplesso: sono destinate a esaurirsi insieme al carisma del leader".

IL COMMENTO – Tra Zeni e Lunelli i rapporti restano piuttosto freddi, ma le prove di dialogo sembrano ormai avviate. Il giovane perginese uscito sconfitto "ai punti" dal congresso della Civica, pare rispondere positivamente alla porta lasciata aperta da Lunelli. "Ho apprezzato il suo intervento sul vostro giornale – afferma -. Ho notato che ha anche ripreso alcuni punti del mio intervento al Congresso". Difficile non scorgere una vena di malizia, ma è anche vero che Lunelli ha sempre dichiarato di voler "fare sintesi".
"Giusto ad esempio – prosegue Zeni – il riferimento ad un maggior coinvolgimento della società civile. Uno dei problemi che avevo cercato di sottolineare è come il centrosinistra nazionale stia sfuggendo al dialogo con le categorie economiche, che vengono inspiegabilmente lasciate appannaggio della destra. Giusto quindi ricordare come non c’è welfare senza sviluppo".
Quanto al legame insolubile della Margherita con Dellai ribadito nuovamente da Lunelli, secondo il quale "non c’è spazio per la lista del Presidente", Zeni afferma chiaramente: "La politica, oggi, è chiamata a semplificare e non a frammentare il quadro dei partiti. Un’ipotesi del genere mi lascia molto perplesso. Le liste personali sono destinate ad esaurirsi insieme al carisma del leader".

LA PROPOSTA – Lunedì 27 si terrà la prima seduta del nuovo parlamentino della Civica. Zeni non esclude di poter entrare a farne parte, anche se ribadisce di "non voler partecipare all’esecutivo del partito, la cui composizione spetta a chi ha vinto il Congresso".
Per se stesso, Zeni ipotizza un altro ruolo: la gestione della futura scuola di formazione del partito.
"Si tratta di una necessità che avevo sollevato la prima volta alla riunione di Baselga dello scorso luglio e che, nel frattempo, molti altri hanno ripreso. Lo stesso Lunelli mi pare condividerne l’utilità. Penso – continua – all’aggiornamento necessario agli amministratori, ma anche alla possibilità di coinvolgere comuni cittadini, in particolare i giovani. Fuori dalle tensioni decisionali, sarebbe anche il luogo per impostare, dal basso, la nascita di un futuro soggetto politico che aggreghi le forze del centrosinistra autonomista".

Tristano Scarpetta

mercoledì, novembre 08, 2006

Ripartiamo!

Esattamente una settimana fa, il giorno successivo al Congresso della Margherita, una persona della Val Rendena mi scriveva una e-mail che diceva più o meno così: “Ho capito perché il voto al Congresso è andato in quella maniera: tu eri l’unico candidato senza cravatta!”. Dopo aver specificato che la sua era soltanto una battuta, l’autore la riprendeva per trasformarla in una interessante metafora politica: “Secondo me – scriveva infatti – ha vinto la ‘politica della cravatta’, intesa come nodo ad un sistema di relazioni cittadino-istituzioni democratiche un po’ allacciato, appunto, ben legato, vincolato ad una (fredda) prassi consolidata che si riassume nello schema semplicistico "campagna elettorale - votazioni".

Forse il discorso è un po’ intricato – mi verrebbe da dire “annodato” – ma efficace. Fra i tantissimi messaggi che continuo a ricevere ogni giorno sulla posta elettronica o sul mio blog (in parte da tesserati e simpatizzanti della Margherita, in molta parte però anche da semplici cittadini, esterni non solo al nostro partito ma anche ai partiti in generale), questo davvero mi sembra il più adatto a descrivere la situazione attuale all’interno della Margherita: la “politica della cravatta”.

Ebbene, quel 45% del partito che mi ha votato, non si riconoscerà mai nel “partito delle cravatte”. Non ho nulla contro questo accessorio maschile (anche se è vero che preferisco di norma non indossarlo): è evidente che mi riferisco all’interpretazione simbolica che ne dava quella lettera. In altre parole, affermeremo sempre con molta forza la nostra distinzione netta e precisa da chi non saprà fare del dialogo, della partecipazione, dell’ascolto il proprio stile politico. Il Congresso – e soprattutto l’intera fase precongressuale – questo lo ha evidenziato benissimo: la base della Margherita, ed ancor più la comunità trentina nel suo insieme, esige un cambiamento di rotta; si sente scarsamente e malamente coinvolta. Non ha idea di dove vada il partito. Non si riconosce più nemmeno nel linguaggio che troppo spesso viene adoperato. E’ lontana mille miglia – per stile, per cultura personale, per educazione politica – dai cosiddetti “signori delle tessere”.

La Margherita, se vorrà risollevarsi dalla difficile fase che sta attraversando, dovrà necessariamente aprirsi, diventare laboratorio di produzione di idee e progetti, con un forte collegamento con la società civile. Certo, partecipazione e discussione comportano dei rischi, il partito diverrà meno “controllabile”, ma lo dobbiamo, per onestà politica e morale, a tutti coloro che ci stanno affidando in modo così generoso il loro appoggio e la loro stima.
Per quanto mi riguarda, ribadisco – come ho sempre fatto in questi ultimi mesi – la mia volontà di lavorare in favore del dialogo, della partecipazione di tutti, dell’elaborazione di un nuovo modo di fare politica, che recuperi l’entusiasmo e gli ideali della prima Margherita. Un impegno che proseguirà sia all’interno del partito, per dare voce e contenuti alle aspettative della base e di quella metà del partito che mi ha onorato del suo appoggio; sia all’esterno del partito, per costruire una rete di dialogo e di elaborazione politica con i tanti cittadini che si sentono vicini ai nostri ideali e alla nostra voglia di cambiamento.

Per fare questo, non necessariamente c’è bisogno di “spartirsi le poltrone”, anche per coerenza, visto che per tutta la fase congressuale ho ripetuto che chi avrebbe vinto il congresso avrebbe dovuto poter portare avanti la sua linea, assumendosene la responsabilità; il nuovo coordinatore avrà così la possibilità di dimostrare nell’immediato futuro in quale direzione intenderà muoversi: se darà prova di voler davvero dare risposta alle domande che pongono i cittadini, prima ancora che i tesserati, sarò il primo a complimentarmi e a offrire il mio contributo.
Intanto lavoreremo e ci impegneremo anche per ascoltare e cercare di rappresentare le istanze dei non iscritti al partito, dei semplici simpatizzanti, di quanti non si sentono adeguatamente rappresentati dai partiti, di tutti coloro che hanno a cuore il futuro di questa terra. Oggi non è il tempo delle castagnate, ma quello di rimboccarsi le maniche. Perché dobbiamo occuparci del Trentino, del suo sviluppo, del suo territorio, della sua gente. Dobbiamo capire dove siamo destinati ad andare e con chi, aprendoci a quali orizzonti. Dobbiamo costruire una visione di futuro. Lasciamo ad altri il compito di gestire il “campanile”, i puri interessi di bottega, le rendite di posizione. Sono ancora ed anzi sempre più convinto che il Trentino abbia bisogno di una Margherita in cammino, capace di costruire assieme a tanti altri attori in campo un progetto avanzato per trasformare la nostra terra nel contesto socio economico più competitivo e innovativo dell’arco alpino europeo. Sono ancora ed anzi sempre più convinto che il Trentino meriti una Margherita migliore, più onesta, più capace di spunti e di progetti, finanche più simpatica, di quanto è stata negli ultimi due anni. Sono convinto che i 936 amici che mi hanno votato volessero questo. Per questo, sarò leale ma esigente nei confronti della nuova dirigenza.
Fare politica è una missione alta, che – come insegnava Aldo Moro – comporta non avere paura di aprirsi: “La politica dev’essere direzione di una società in continuo movimento, da governare alla luce dei nostri valori di fondo, per allargare progressivamente la partecipazione popolare e consolidare il sistema e il metodo democratico. Guai a non muoversi con le cose che si muovono”.
Ecco: noi vogliamo stare dalla parte delle “cose che si muovono”. Questo sarà il nostro impegno, preciso, chiaro, inflessibile con quanti cercheranno di strattonarci per indurci magari, con loro, a rimettere la testa sotto la sabbia.