venerdì, maggio 11, 2007

a chi capitasse ancora di qua....

l'utlimo post di un blog che ha accompagnato una partita importante, scrivendo non nascondo un po' d'emozione.
Ma si sa la rete è dinamica e così le sue componenti.

Vogliamo ringraziare tutti coloro che sono passati di qua e hanno lasciato il loro commento, o semplicemente hanno solo letto quello che avevamo da dire, da queste pagine on-line ci sono sempre arrivati suggerimenti, critiche ed incoraggiamenti preziosi.
Ora però la partita congressuale è lontana e altri progetti si intravvedono all'orrizzonte. Quindi...a chi capitasse ancora di qua preannunciamo che a breve sarà on-line il sito della scuola di formazione.
Quando sarà pronto non mancheremo di segnalarlo anche perchè sarà un'altro percorso importante a avremmo bisogno dei pensieri, della voglia e dell'entusiamo di tutti.
A presto
Gli amici di Luca

lunedì, febbraio 05, 2007

Luca presenta il progetto sulla scuola di formazione:

Durante il parlamentino provinciale della Margherita di oggi (lunedì 5 febbraio), Luca ha consegnato il suo progetto per la scuola di formazione.

“Ritengo che la globalizzazione, ossia l'eliminazione delle barriere al libero commercio e la maggiore
integrazione tra le economie nazionali, possa essere una forza positiva e che abbia tutte le potenzialità per arricchire
chiunque nel mondo, in particolare i poveri. Ma perché ciò avvenga, è necessario un ripensamento attento del modo in
cui essa è stata gestita, degli accordi commerciali internazionali che tanto hanno fatto per eliminare quelle barriere e
delle politiche che sono state imposte ai paesi in via di sviluppo durante il processo di globalizzazione".
Joseph E. Stiglitz, La globalizzazione e i suoi oppositori


Questa una delle due citazioni con cui si apre il documento e che ben si presta a rappresentare una delle considerazioni portanti che sottendono a tutti i ragionamenti che, su questo progetto, abbiamo sviluppato in questi mesi: la politica è "un’ arte" che comporta impegno e competenza, proprio per quella responsabilità nei confronti della società che è il fine del suo agire. Di qui l'esigenza di un luogo con il compito di rispondere all'esigenza, espressa oggi da molte persone, di trovare momenti e spazi per
affrontare i tanti temi politici al di fuori dagli incontri ufficiali, dove le posizioni di partito sono già cristallizzate.

SCARICA IL DOCUMENTO COMPLETO: Progetto scuola di formazione

Dellai: voglio dare una scossa all'immobilismo della coalizione

Lorenzo Dellai non va veloce sugli sci. È prudente - e infatti indossa il casco «come tutti dovrebbero fare», sottolinea - ma non si ferma mai. Scende dall'impianto di risalita e si butta sulla pista fino in fondo, senza nemmeno una sosta, se non quando costretto ad aspettare chi l'accompagna. Poi in seggiovia parla di politica: «È l'immobilismo il pericolo maggiore che vedo in questo momento». E viene subito da pensare che il suo modo di sciare è il suo modo di essere. È fatto così: deve sempre andare avanti. Il presidente della Provincia ha scelto ieri le nevi del Cermis, nel giorno dell'anniversario della seconda tragedia, per dedicarsi a uno sport che ha scoperto di recente (è solo da tre anni che scia) ma che lo appassiona molto e che - confessa - è l'unico che pratica. Per aver imparato da poco, si difende bene. Lui spiega che va a sciare ogni volta che può e cerca di cambiare sempre località, per non fare torto a nessuno, se no poi c'è chi si lamenta. La giornata è splendida e anche le piste, nonostante quest'anno la neve si sia fatta desiderare. Ma dicono che sul Cermis gli uomini dei gatti delle nevi siano dei veri maghi nel pigiare quella artificiale, poi c'è l'esposizione, l'inclinazione del sole. Insomma, la raccontano lunga, ma comunque il risultato è sotto gli occhi. Dellai arriva presto. Alle 9 è già con gli sci ai piedi, inarrestabile. Anche perché, non appena si ferma trova spesso qualcuno che lo riconosce - nonostante il casco - lo saluta o lo intrattiene, a seconda della confidenza. È consapevole, il presidente, che sono in molti in questo momento, sia nella sua coalizione che all'opposizione, che si stanno chiedendo cosa gli stia passando per la testa. Quali mosse ha in mente di fare per ridare slancio a un progetto politico che appare ripiegato su se stesso. E soprattutto ci si chiede se ha ancora la grinta di una volta o è ormai un leader indebolito e in declino, che ha perso il congresso del suo partito - la Margherita - viene criticato dai suoi assessori e dalle forze politiche della sua stessa coalizione, mentre la sua giunta non riesce a rendersi popolare, ma si attira soprattutto ostilità. Lorenzo Dellai non si mostra preoccupato per il suo destino personale. «Sono sereno» dice. E il tono è sincero. Il suo pensiero è tutto concentrato sul futuro della sua coalizione di centrosinistra autonomista. Ma in realtà la sua persona e il progetto politico sono due cose intrecciate tra loro. Proprio per questo, dalle nevi del Cermis, il presidente annuncia cosa ha in mente. «Innanzitutto - esordisce - vorrei subito dire, una volta per tutte, che alle prossime elezioni provinciali non ci sarà una lista Dellai. Io ho sempre costruito progetti politici e non robette personali. D'altra parte mi rendo anche conto che i partiti della mia coalizione stanno riflettendo, ma questa riflessione va accompagnata con iniziative, luoghi di incontro e elaborazione che possono essere dentro, ma anche fuori dai partiti. Io intendo dunque farmi carico di proporre qualche iniziativa trasversale, che non è un partito o una lista, ma che dovrà servire a costruire una coalizione che sia all'altezza di affrontare le grandi sfide che abbiamo di fronte». Dellai continua a pensare che il congresso della Margherita sia stata un'occasione persa. Era lì, secondo la sua visione, che il partito avrebbe dovuto prendere atto che si è chiuso un ciclo e che ora va costruito qualcosa di nuovo, di più grande, con gli alleati, «un partito certamente democratico, ma anche autonomista e territoriale». Invece, Lunelli, Grisenti, Betta non l'hanno seguito. Lui ha incassato la botta e oggi fa capire che non vuole avere risentimenti personali nei confronti di nessuno. «In politica è così» dice, mentre scende dall'ovovia. Ma il presidente continua comunque per la sua strada. Non ha cambiato idea su cosa serve oggi alla Margherita e al centrosinistra. «Non c'è alternativa - sostiene Dellai - ma la costruzione di questo nuovo progetto va fatta per bene perché dobbiamo farlo capire e avere il consenso della nostra base elettorale, anche di quella parte della Dc della prima Repubblica che abbiamo strappato al centrodestra, anche se devo dire che in Trentino non c'è mai stata una Dc di destra. I dorotei non lo erano, Piccoli non lo era. E oggi non mi preoccupano le esternazioni di Amistadi: non sono rappresentative di quello che è la Margherita. Noi siamo nel Dna una forza di centrosinistra, non esistono alternative». Dunque, se ora, la Margherita, ma anche i Ds e gli autonomisti non si daranno una mossa, ci penserà comunque lui, il fondatore della Civica, a fare qualcosa per avviare il processo con questo suo movimento trasversale, che ha tutta l'aria di un partito democratico autonomista in embrione. «Io suggerisco - continua il presidente sciatore - di fare ragionamenti oggi più di politica e di prospettiva che non di assetto organizzativo ed elettorale. Vedremo quante liste si faranno, come si faranno, è un discorso da fare in un secondo tempo. Ora dobbiamo costruire un percorso politico a misura di Trentino Alto Adige, tenendo conto anche degli sviluppi che ci saranno a Bolzano». La sensazione infatti è che la Svp sia destinata a perdere progressivamente il suo ruolo di partito di raccolta e che una grande forza di centrosinistra - a vent'anni dal sogno di convivenza del verde Alex Langer - possa riuscire a rappresentare tutti e tre i gruppi etnici. «Le liste - insiste Dellai - sono strumenti, sono i progetti che sono il fine. Ora dobbiamo pensare a rafforzare l'idea di una grande intesa tra le culture politiche democratiche riformiste e autonomiste di questa terra». Il presidente vuole giocarsi il suo futuro su questo progetto e fa sapere: «Il mio problema oggi non è essere o meno indispensabile. Non ho un'ansia di prestazione per il 2008, nel senso che non intendo candidarmi ad ogni costo. Io a 47 anni, ho passato 8 anni in Comune, dieci in Provincia, ho costruito la Margherita e sottratto il Trentino all'ondata del berlusconismo. Oggi mi sento un uomo libero, non ho altre mire, altri disegni personali. Nel 2008 mi ricandiderò se sapremo fare uno scatto di qualità». Certo Dellai sa che la sua coalizione al momento non ha alternative a lui, ma l'avvertimento è chiaro: se le forze politiche del centrosinistra pensano di arrivare al 2008 barcamenandosi nel difendere ciò che ritengono di avere in mano oggi. Lui non ci sarà. Verso l'una Lorenzo Dellai incontra sulle piste Carmelo Zini, presidente del consiglio comunale di Cavalese, che sul Cermis praticamente ci vive. Fanno una sciata insieme. Poi il presidente scende a valle. La giornata di libertà è già finita.
di Luisa Patruno fonte: www.ladige.it

domenica, gennaio 28, 2007

costruire futuro

Dispiace constatare, a fronte dei rilievi mossi sulla stampa all’azione di governo provinciale e del suo Presidente, il silenzio assordante della Margherita in questi giorni; forse manca il coraggio di esporsi, forse, distratti da altre urgenze, si è portati a pensare che tutto questo ben poco centri con le responsabilità del partito e che siano – in fin dei conti - affari della giunta.
Forse…
Rimane il fatto che mentre il principale giornale del Trentino attacca l'intero operato della giunta di centrosinistra autonomista e il suo Presidente, il principale partito della maggioranza e i suoi numerosi consiglieri rimangono silenti, quasi tramortiti. Credo lo abbiano pensato in molti in questi giorni: “troppo comodo invocare il Principe ad ogni snodo complesso, rivolgersi alla sua mediazione per ogni difficoltà, e poi dimenticarsi di sostenere, non acriticamente ovviamente, il suo operato politico e amministrativo”.
Ulteriore aspetto, più rilevante: quello che in realtà si è aperto negli ultimi giorni è un importante dibattito che pone al centro un’analisi della situazione politico-amministrativa trentina, sui successi e sui fallimenti del governo provinciale. È positivo ciò sia accaduto: è l'accountability direbbero gli anglosassoni. Ebbene, molto di buono è stato realizzato, come ricorda il bilancio che ha fatto Salvatori nel suo commento di mercoledì. Riforma istituzionale, riforma della scuola, nuovo PUP, nuovo piano di sviluppo, riforma della ricerca e dell'ITEA, politiche per i giovani e a sostegno dell'impresa: tante cose si sono fatte, ma il Trentino - come ricorda Parolari - non le sa o non le vuole vedere, probabilmente perché gli effetti delle riforme per definizione si misurano sul lungo periodo.
Detto questo, credo tuttavia che un osservatore che cerchi di essere imparziale non possa non riconoscere uno stato di difficoltà del sistema politico trentino, in un momento di generale confusione e incertezza, contrassegnato da una litigiosità e da un egoismo corporativo che non giova. Ma la responsabilità è veramente tutta della solita politica lontana dalla gente? Ho sempre diffidato sia da chi difende a spada tratta la (propria parte) politica sia chi imputa alla stessa la causa di ogni male. Forse le responsabilità sono diffuse. La politica - concordo - non è stata all'altezza. Dirò di più: il centrosinistra ha deluso, soprattutto nella sua componente consiliare. Ma quello che più preoccupa, a mio avviso, è il crescente egoistico localismo che si sta diffondendo ad ogni livello della società, oltre che della politica. Non mi riferisco alla propensione a chiuderci entro i confini provinciali, disinteressandoci a quanto accade nel mondo, in Europa, in Italia, bensì alla tendenza a guardare sempre e solo al proprio orticello, per quanto piccolo sia, perdendo la capacità di una visione d’insieme: consiglieri provinciali con il compito di favorire la propria valle; comuni interessati ai contributi provinciali, con cui realizzare opere magari non necessarie e presenti nel comune vicino (“è una spesa superflua? Tanto non grava sul bilancio del comune, i soldi li mette la Provincia”); amministratori attenti più (solo?) alla propria frazione di provenienza che al comune in generale. Ma i cittadini? Votano l’esponente locale alle elezioni provinciale o comunali, non solo in quanto esponente di una visione positivamente territoriale, ma in quanto garante delle rivendicazioni di Valle o di frazione; al politico viene chiesto il piacere, il favore, non la tutela di un diritto o la realizzazione di un progetto. Naturalmente sto semplificando, per far capire che anche in Trentino, emblema di quell’atavico senso di solidarietà e di comunità proprio della gente di montagna, si è ormai diffuso un individualismo rivendicativo che mina le fondamenta della nostra comunità.
Ma la politica in generale, ed il centrosinistra in particolare, non possono permettersi oggi di amplificare la divisione, l’idea del clientelismo, della spartizione, del favoritismo agli amici.
Al contrario la politica oggi è chiamata più che mai ad essere forza centripeta, nucleo aggregante di una realtà frammentata, collante di un destino comune. Se davvero siamo depositari e interpreti alti di una visione di futuro, dobbiamo uscire dagli schemi novecenteschi della miriade di partiti e partitini imbrigliati nella tattica della ricerca del consenso, obbligati a distinguersi per conquistare l’elettorato di riferimento.
Certo, la strada non è facile, e forse neanche breve, ma occorre intraprenderla senza esitazioni.
Creiamo un luogo libero, aperto al contributo di tutti, partiti politici ma soprattutto mondi del volontariato, dell’associazionismo, della cultura, dell’economia, semplici cittadini, senza rivendicazioni, senza paletti precostituiti, che vada oltre le contingenti scadenze elettorali. Ecco perché stiamo cercando di costruire una scuola di formazione politica. Ma essa deve necessariamente essere libera, deve muoversi oltre i partiti! Penso ad un luogo capace di ricostruire il desiderio di impegnarsi, approfondire, capire, progettare, elaborare, proporre. Un luogo che non persegua l’indottrinamento di partito ma lo sviluppo della capacità critica, rivolto non alle prossime elezioni ma alle prossime generazioni.
Occorre ripartire, tornando al cuore e alla mente della nostra gente. Di bilanci sommari faziosamente proposti da questo o da quello, così come di accuse e di rivendicazioni fine a se stesse, chi - assieme a me – si batté per rinnovare la Margherita dall'interno, ne ha abbastanza. I silenzi di questi giorni, questa ennesima occasione persa per riconfermare le ragioni della nostra presenza politica indicano che ad ottobre avevamo ragione a dire: o si cambia, o si muore. E ciò vale per tutto il panorama partitico trentino. Partiamo dunque e costruiamo da capo un nuovo soggetto, diffondendo speranza e sogno tra la nostra gente. Le parole d'ordine dovranno essere speranza, futuro, progetto, sogno: come dissi al congresso, finiamola di parlare di partito democratico.
E riparliamo di Trentino.
L'obiettivo è quello di dire quale Trentino vogliamo da qui al 2050 e iniziare a progettarlo e costruirlo. In questo quadro, Lorenzo Dellai è e sarà ancora protagonista, con la lungimiranza di chi sa che il più grande compito dei grandi è creare le condizioni perché quanto di buono si è seminato dia i suoi frutti. D'altra parte lui, nell'intero centrosinistra, ha dimostrato di esser l'unico in grado di farlo. Non sarà solo, però.

mercoledì, gennaio 10, 2007

ALI DI PIOMBO

Per riprendere a parlare di politica "alta", e uscire dai tatticismi di partito, è importante dedicare tempo ed energie all'approfondimento. Partecipando ad incontri e ascoltando relatori preparati, ma anche (soprattutto?) leggendo e rileggendo libri. Oggi ne segnaliamo uno che ripercorre le vicende politiche e sociali del 1977.

ALI DI PIOMBO - di Concetto Vecchio
Bur Rizzoli - in libreria dal 10 gennaio 2006
Questo libro è la cronaca appassionata di un caso italiano: il 1977. Un nuovo Sessantotto, culminato nelle morti tragiche di tre mili­tanti: Francesco Lorusso, Giorgiana Masi, Walter Rossi. Ma è anche l’anno che segna la drammatica ascesa delle Brigate rosse, che a Torino uccidono il presidente dell’Ordine degli avvocati Fulvio Croce e il vicedirettore della “Stampa” Carlo Casalegno. Concetto Vecchio, trent’anni dopo, è tornato a Bologna, Roma, Torino, rivisitando i luoghi di allora, e ha ripercorso gli ultimi mesi di vita di Casalegno e dei suoi assassini. Attraverso quasi quaranta testimonianze, tra cui quelle di Gad Lerner, Ezio Mauro, Diego Novelli, Giancarlo Caselli, Giampaolo Pansa, Gianfranco Bettin, Diego Benecchi, Bifo Berardi, Silvio Viale, Renato Nicolini, racconta l’attacco dei giovani del movimento al Pci, la nascita di Radio Alice, il trionfo della controcultura. Spiccano figure in­dimenticabili come quella di Carlo Rivolta, giovane promessa di “Repubblica” stroncato dalla droga, e di Antonio Cocozzello, un piccolo democristiano che si ritrova incredibilmente nel mirino del terrorismo.

Concetto Vecchio, 35 anni, catanese, è caposervizio al “Trentino” (quotidiano del gruppo Espresso). Scrive su “la Repubblica” e “il Ve­nerdì”. Nella stessa collana ha pubblicato Vietato obbedire (2005), con cui ha vinto il premio Capalbio e il premio Pannunzio.